I gestori delle piscine sarde sono completamente in sintonia con le forme di protesta sviluppatesi lungo tutto lo stivale affinché il comparto nuoto possa ricevere i giusti supporti economici per evitare spiacevoli chiusure.
La mobilitazione caldeggiata dalle principali sigle che gravitano attorno agli impianti natatori, riunitesi nel Coordinamento Associazioni Gestori Impianti Natatori amplifica una condizione sempre più allarmante, perfettamente riscontrabile anche da noi.
Dieci mesi di chiusura su ventitré di pandemia sono tanti, considerato che i costi continuano a lievitare. L’entità dei ristori è esigua: infatti non si riesce a coprire nemmeno il 5% dei ricavi. E la brutta sorpresa del caro bollette ha fatto il resto con ulteriori sacrifici da sostenere a cui si associa un crescente abbandono dei frequentatori in cuffia e costume che in alcuni casi raggiunge il 50%.
Le proposte per tentare una efficace sterzata non mancano: come l’estensione al 110% a tutta l’impiantistica, i sostegni sugli aumenti energetici, le moratorie sui debiti contratti per investimenti e i protocolli di gestione più efficaci.
Il governo, anche di recente, è intervenuto grazie al lavoro portato avanti dal presidente FIN Paolo Barelli, destinando trenta milioni di euro a fondo perduto ad associazioni e società sportive che gestiscono impianti natatori, con un premio per quelli di grandi dimensioni che, oltre alla gestione, annoverano atleti impegnati in gare internazionali. La speranza di tutti è che queste misure possano aumentare. Le cifre sono importanti ma non potranno coprire i danni causati dall’emergenza. Diversamente da quanto è accaduto ai gestori autoctoni che hanno potuto beneficiare di un generoso aiuto da parte della Regione Sardegna.
Il presidente nazionale della FIN ha fatto sì che le piscine siano state inserite nella categoria delle attività energivore. Ma non si sentirà pienamente soddisfatto finché non arriveranno aiuti più congrui che si possono ottenere solo attraverso uno scostamento di bilancio.
Nell’isola qualcuno non ha retto più e ha gettato la spugna, come accaduto a Carbonia e alla sua piscina comunale; il presidente regionale FIN Danilo Russu mestamente rileva che tutti gli altri, se le cose non mutano, si arrenderanno nel giro di un mese.
“Stiamo assistendo ad un effetto domino – dichiara Russu – perché la chiusura comporta anche la fine dell’attività agonistica. Anche in Sardegna siamo in piena emergenza ma non rimaniamo con le mani in mano perché sia con la conferenza del 22 dicembre 2021 in sintonia con il CONI regionale, sia attraverso la solidarietà incisiva da parte dell’ANCI abbiamo fatto sentire la nostra voce a livello nazionale e ovviamente siamo allineati con tutti gli impianti d’Italia”.